

VALLEROTONDA (FR)
Benvenuti a Vallerotonda
(Vardónna in dialetto locale) è un comune italiano di 1466 abitanti della provincia di Frosinone nel Lazio, nella Valle Latina.
Le zone montane ove sorge Vallerotonda non furono del tutto spopolate nell’antichità: lo attestano resti archeologici trovati nell’Ottocento. La comunità montana comprende quattro abitati, il capoluogo risale al Medioevo, quando la popolazione venne raccolta in castelli fortificati per ordine degli abati cassinesi, signori dei luoghi. In particolare nel corso del Duecento, la comunità fu riorganizzata dall’abate Bernardo Ayglerio che fissò prestazioni e obblighi degli abitanti del villaggio.
Da vari documenti si deduce che fosse una piccola e pacifica comunità, dedita essenzialmente alla pastorizia e a un’agricoltura marginale. Vallerotonda, come i paesi contermini, essendo situata fuori dai grandi itinerari su alte colline, visse sempre una vita stentata per le magre risorse dei luoghi. All’emigrazione si ricorse soprattutto a partire dall’unità italiana e fino al secondo dopoguerra; poi, l’isolamento è finito per il ritorno definitivo o stagionale di buona parte della popolazione.
In genere il paese subì passivamente i grandi avvenimenti della storia, ma un abitante della frazione Cardito si distinse nella rivolta antiunitaria e filoborbonica: il brigante Cetrillo che, secondo le cronache, fu più un vero guerrigliero che un bandito. Si oppose sul terreno alle forze unitarie e passò diversi anni in carcere, morì poi libero pastore in mezzo alle sue montagne. Un periodo molto oscuro fu quello della seconda guerra mondiale, quando il fronte si attestò a Cassino, e Vallerotonda si trovò nelle retrovie. La popolazione fu costretta a subire continue angherie naziste. Le truppe tedesche si resero responsabili di una strage effettuata il 29 dicembre 1943 a Collelungo con l’uccisione di 42 persone, fra cui un neonato
Il nucleo di Vallerotonda sorge sopra un colle, già fortificato e posto a sbarramento degli antichi sentieri di transumanza, e si distende verso il basso lungo il crinale; il castello è diventato un bel palazzo moderno che conserva qualche linea dell’antico edificio. La parte bassa del paese ospita la piazza principale con la restaurata Chiesa dell’Assunta, dalle belle linee barocche; all’interno un interessante quadro seicentesco di Marco Mazzaroppi, raffigurante l’Assunzione della Vergine. Vicino a questa chiesa è posto un palazzo rinascimentale; diverse abitazioni baroccheggianti fiancheggiano la via principale che scende fino a una massiccia porta a sesto acuto. Qualche elemento decorativo è particolarmente curioso, come la doppia iscrizione su un portale: “ostium”, “non hostium”. Il paese, formato da abitazioni di piccole dimensioni in parte ricostruite dopo il terremoto del 1984, ha conservato la sua fisionomia di borgo tradizionale.
Vallerotonda e le sue grosse frazioni, Valvori, Cardito e Cerreto, si trovano sulle Mainarde, fra pittoreschi scenari montani: il lago artificiale La Selva, in Cardito, è in una conca circondata da folti boschi.
Molto suggestiva è la pineta, di circa 600 ettari, piantata fra il 1904 e il 1924 per il rimboschimento: vi dominano il pino e l’abete; questo bel bosco, facilmente raggiungibile, è frequentato dai campeggiatori.
La popolazione, di forti tradizioni montane, viste tramontare la società e le tradizionali occupazioni pastorali e agricole, continua a coltivare assai modeste estensioni di terra e cerca di utilizzare i pascoli circostanti con greggi sempre più ridotti.
Pochi lavorano nelle fabbriche e la gran parte degli abitanti è costituita da anziani. D’estate torna un buon numero di emigranti dall’Italia del nord, dalla Francia, dalla Germania e dall’Inghilterra.
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LUOGHI D'INTERESSE









del Bambin Gesù


1) Stemma comunale 2) Logo manifestazione 3) Stemma asd vallegiovane 4) Chiesa della Madonna del Raditto 5) Monti delle Mainarde 6) Centro ​
Storico Vallerotonda 7) Piazza Duomo Vallerotonda 8) Chiesa Arcipretale di Santa Maria Assunta 9) Rampa di accesso Rossi Brigante 10) Briclage Fotografico Lago Selva /Pineta Valle dell'Inferno 11) Altopiano del Campiglione 12) Planimetria del Parco Cicloturistico sito in Vallerotonda
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FARA in SABINA (RI)
Benvenuti a Fara Sabina
Fara in Sabina è un comune italiano di 13904 abitanti della provincia di Rieti nel Lazio.
Fara In Sabina sorge a 482 metri di altezza sul livello del mare, è localizzato nella "parte nord-ovest" del Monte degli Elci.Il fiume Farfa scorre nel territorio comunale. L'area del comune fu popolata già in epoca preistorica (sono stati rinvenuti resti del Paleolitico medio e dell'età del bronzo medio, recente e finale).
Di fronte il colle di Fara sorge l’altura di Monte San Martino, abitata in epoca protostorica da un esteso ed articolato insediamento risalente all’età del Bronzo finale (la maggior parte del materiale è venuto alla luce presso le pendici orientali del monte, in località Quattro Venti). Le ricerche hanno evidenziato la presenza di alcune opere di terrazzamento con recinti di mura realizzati in pietrame a secco, di cui si ipotizzò in alcuni casi una datazione ad epoca protostorica. È stato possibile ricostruire l’andamento di almeno tre cinte murarie, irregolarmente ellissoidali, che seguivano le curve di livello.Oggi questo abitato protostorico è stato identificato con Mefula, antica città degli Aborigeni (mitologia), che secondo Dionigi di Alicarnasso sorgeva ad appena 5 km di distanza da Suna (Toffia). Dionigi riferisce inoltre della presenza di mura, unico caso a riguardo del popolo aborigeno, un dato che trova conferma dall’effettiva presenza sul monte di murature a secco attribuibili ad epoca protostorica (peraltro rare in questo periodo).
L’insediamento aborigeno di Mefula scompare già durante la prima età del Ferro (forse in relazione alla contemporanea nascita dei centri sabini in pianura, come la vicina Cures).
Tra il IX secolo a.C. e il VI secolo a.C. nella località di Santa Maria in Arci si era stabilito un insediamento sabino, identificato con la città di Cures, che continuò a vivere in età romana (resti di terme e di un piccolo teatro e necropoli). Il territorio era sfruttato dal punto di vista agricolo con una fitta rete di ville, costruite su terrazzamenti in opera poligonale nel II secolo a.C. e in opera quasi reticolata nel I secolo a.C. ("villa di Grotte di Torri" e ancora di Fonteluna, di Mirteto, di Cagnani e di San Lorenzo a Canneto, di Sant'Andrea e di San Pietro presso Borgo Salario, di Grottaglie, di Piano San Giovanni, di Grotta Scura, di Monte San Martino, di Fonte Vecchia).
Le origini dell'attuale abitato sembrano risalire ad epoca longobarda, alla fine del VI secolo, come sembra indicare il toponimo, derivante dal termine longobardo fara, con il significato di "clan familiare"; oppure alla devozione sempre longobarda a Santa Fara. Il castello è attestato dal 1006 e dal 1050 fu sotto il controllo dell'abbazia di Farfa. Fu quindi feudo degli Orsini. Dal 1400 è divenuto sede dell'abate commendatario di Farfa e si sono succedute le varie famiglie proprio a partire dagli Orsini fino alla famiglia Barberini, con il cardinale Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII, che nel 1678 ha fondato, con sede nell'antico castello, il monastero delle Clarisse Eremite.
Nel 1867 fu toccata con la frazione di Coltodino dalla Campagna garibaldina dell'Agro Romano per la liberazione di Roma. Giuseppe Garibaldi dopo la sconfitta di Mentana raggiunse con i suoi Volontari la stazione ferroviaria di Passo Corese in comune di Fara dove partì in direzione del nord. Sempre da Fara sulla riva del Tevere partì con alcune barche la sfortunata spedizione dei Fratelli Cairoli conclusa tragicamente a Villa Glori. Testimonianze della Campagna dell'Agro Romano per la liberazione di Roma (1867) sono conservate nel Museo nazionale di Mentana.
Il 10 dicembre 1920 la frazione di Canneto Sabino fu teatro di un eccidio, il più cruento, quanto a numero di morti del cosiddetto Biennio rosso. Durante una manifestazione organizzata dai braccianti nel tentativo di ottenere migliori condizioni di lavoro un gruppo di Carabinieri ne uccise 11 in località Colle San Lorenzo.
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Oggi sconsacrata e sala di cerimonie municipale.

Costruito nel XVII secolo sulle rovine del castello, tuttora convento di clausura



poi Manfredi, del XV secolo

oggi sede del Museo civico

costruita dai Farnese nel 1588.

di Nazzano, Tevere-Farfa
1) Foto panoramica 2) Facciata Abbazia abbazia di Farfa |3) Interno abbazia di Farfa 4) Ingresso Abbazia musei 5) Monastero Clarisse Eremite 6) Foto panoramica fara in Sabina 7) Palazzo Orsini Palazzo Farnese 8 )Palazzo Foschi, poi Manfredi 9) Palazzo Castellani, poi Brancaleoni, oggi sede del Museo civico 10 ) Portale in Travertino palazzo orsini Fara in Sabina 11) Campanile Fara in Sabina 12 ) Fiume Farfa

LARIANO (RM)
Benvenuti a Cassino,
Cassino
Seconda città della provincia per numero di abitanti, fu per secoli il centro amministrativo della Terra di San Benedetto, ed è parte della regione storica di Terra di Lavoro. Si sviluppa ai piedi del colle su cui sorge la celebre abbazia di Montecassino, in un luogo storicamente strategico per le comunicazioni tra il centro e il sud d'Italia. Pressoché totalmente distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e per questo nota anche come la Città Martire, è stata totalmente ricostruita nel dopoguerra.La città di Cassino è posta nella parte meridionale del Lazio, nella parte settentrionale della regione storica della Terra di Lavoro (dall'epoca medievale ai primi del Novecento) e prima ancora, in epoca romana, nella parte meridionale del Latium adiectum[5]. Il centro è collocato alla base del colle chiamato Montecassino, che si eleva fino a 520 metri s.l.m., che si distacca dal Monte Cairo, nella pianura racchiusa dai fiumi Liri e Rapido. La collina è costituita da materiale geologico compatto, che non trattiene le acque atmosferiche, che quindi fluiscono in buona parte nella valle dando origine alle sorgenti del fiume Gari che attraversa la città e che, dopo circa un chilometro, nei pressi delle cosiddette Terme varroniane, si congiunge con il Rapido. Poco lontano dal centro cittadino, nel paese di Sant'Apollinare in località Giunture il Gari si versa nel Liri che diventa così il fiume Garigliano; a causa di questa abbondanza di acque, nella piana in passato si trovavano aree paludose. Notevole è l'importanza della collocazione: Cassino si trova nel luogo dove si restringe la valle del Liri, ben collegata al golfo di Gaeta e al parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, da sempre attraversata da importanti strade congiungenti Roma con Napoli e il resto del Sud Italia.La città, in epoca romana, viene chiamata Casinum. Secondo Varrone, nel suo De lingua Latina[6], il toponimo deriva dalla parola sabina cascum, dal significato di "antico", ad indicare la remota origine dell'insediamento. Sempre Varrone ricorda l'uso diffuso tra i romani di identificare Cassino come Forum Vetus ("Foro antico")[7]. A causa delle vicende medioevali, non mantenne sempre lo stesso nome: divenne prima Castellum Sancti Petri; poi Eulogimenopoli, ovvero "Città di San Benedetto"; infine "San Germano", originato dalla presenza nella chiesa di San Germano di reliquie del Santo Vescovo di Capua, venerato dai fedeli. Con l'Unità d'Italia e con atto del 1863,[8] la città prese il nome definitivo di Cassino, la romana Casinum.
LUOGHI D'INTERESSE


e San Benedetto Abate








e Giurisprudenza






Abbazia di Montecassino | Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Benedetto Abate | Parco archeologico Casinum | Mausoleo di Ummidia Quadratilla
Rocca Janula | Cimitero del Commonwealth | Cimitero polacco, Palazzo Barone De Rosa | Edificio INA-Casa | Facoltà di Economia e Giurisprudenza
Parco Naturale dei Monti Aurunci | Villa Comunale | Parco Baden Powell ,Terme Varroniane Monumento ad Enrico Toti | Statua di San
Benedetto | Campana della Pace

L'AQUILA
Benvenuti nella città dell'Aquila
L’Aquila è un comune italiano di 69.419 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia e della regione Abruzzo. Altitudine 714 m, superficie 479,91 km quadrati. Una città ricca di storia, con panorami e paesaggi da dipingere, della quale riportiamo di seguito brevi cenni, dalla nascita ad oggi, inerenti il territorio, i monumenti della città, sino alle ultime “ tragedie “che hanno colpito tutto il territorio della regione Abruzzo, compresa la città stessa. Già nel 1398 si registrarono eventi sismici che colpirono il territorio, ripetutisi poi nel 1423, nel 1456, nel 1461/1462, nel 1703 e, l’ultimo più recente del 2009 che ha messo in ginocchio tutto il territorio provocando tanti danni e morti; tutti eventi sismici in cui l'intera regione è stata purtroppo coinvolta nel corso dei secoli . Il tempo passa e la storia ci porta sino ad oggi con la rinascita di tutto il territorio e il rifacimento di tanti monumenti e palazzi storici danneggiati. L'Abruzzo e la città, da anni, combattono per dar vita ad un nuovo ciclo , ricostruendo tutte quelle parti del territorio che il terremoto del 2009 ha distrutto. L'Aquila sta rinascendo, nonostante la complessità della situazione da tanti fronti, e ritornerà ad essere terra ricca di paesaggi bellissimi, immersa fra mare e montagna distanti tra loro pochissimi km, unico territorio che consente di godere di tale opportunità, e di poter continuare ad apprezzare il prodotto culinario per eccellenza, gli arrosticini di pecora. La storia inizia con gli insediamenti nell'età del bronzo e la definitiva fondazione, a opera di Corrado IV tra il 1254 e il 1266. L'Aquila (allora nota semplicemente come Aquila) fu una delle grandi città del Regno di Napoli, poi Regno delle due Sicilie, successivamente passò al Regno d'Italia e quindi all'Italia. Capitale storica dell'Abruzzo divenne, con l'unità d'Italia, capoluogo dell'Abruzzo-Molise, poi Abruzzo. Il territorio dove sorge L'Aquila era abitato fin da tempi più antichi. Prima della conquista da parte di Roma, tutta la valle dell'Aterno è stata luogo di insediamento dei Sabini e dei Vestini, i cui territori confinavano proprio nel punto dove in futuro sorgerà la città. Testimonianza più antica di civiltà nell'aquilano è la cosiddetta Necropoli di Fossa (antico sito dell'italica Aveia), un insieme di tombe risalenti al X secolo a.C. situate a sud della città. Dal punto di vista monumentale, si segnalano la Basilica di Collemaggio, un edificio religioso sito appena fuori la cinta muraria, sull’omonimo colle. Fondata nel 1288 per volere di Pietro da Morrone — qui incoronato papa con il nome di Celestino V il 29 agosto 1294 — è considerata la massima espressione dell'architettura abruzzese, oltre che il simbolo della città ed è stata dichiarata monumento nazionale nel 1902. Dal 1327 ospita le spoglie del pontefice, attualmente conservate all'interno del mausoleo di Celestino V, realizzato nel 1517 ad opera di Girolamo da Vicenza, maestro di Andrea Palladio, Emiciclo sede del Consiglio Regionale. L'Emiciclo, per esteso Palazzo dell'Emiciclo, noto anche come Palazzo dell'Esposizione, è un complesso monumentale dell'Aquila, sede del Consiglio regionale dell'Abruzzo. L'area compresa dentro le mura dell'Aquila a sud dell'attuale Viale Luigi Rendina — storicamente suddivisa nei locali di Monticchio, Fontecchio e Fossa — rimase quasi interamente inedificata per diversi secoli dopo la fondazione della città. Gli unici edifici di cui si ha debole documentazione sono le scomparse chiese di Sant'Andrea, di Santa Maria a Graiano e di Santa Maria ai Quattro Coronati. Il terremoto dell'Aquila del 2009 ha danneggiato gravemente l'intero complesso, con danni localizzati soprattutto alle estremità del porticato e nell'ex navata della chiesa. L'Emiciclo è stato quindi oggetto di un radicale progetto di ricostruzione e miglioramento sismico, per un importo di circa 8,8 milioni di euro, approvato dal Consiglio regionale dell'Abruzzo nel 2012; i lavori hanno avuto inizio l'11 gennaio 2016 e si sono conclusi due dopo; l'Emiciclo è stato riaperto al pubblico il 22 giugno 2018. L'intervento ha permesso la realizzazione di una nuova fondazione al di sotto del complesso e la posa in opera di 61 isolatori sismici; si tratta del primo palazzo pubblico in Italia ed uno dei primi in Europa ad adottare una soluzione antisismica di questo tipo. Piazza Duomo, anche nota come Piazza del Mercato, è la maggiore e la più importante delle piazze dell'Aquila. Cuore del potere religioso, in antitesi con piazza del Palazzo, sede invece del potere politico, è il centro sociale e culturale della città, nonché punto d'incontro degli aquilani e sede dei principali eventi cittadini. Ospita inoltre, dal 1303, il mercato cittadino. Le sue notevoli dimensioni — 140 metri sul lato lungo e 70 metri su quello corto, per un totale di circa un ettaro d'ampiezza — la rendono una delle piazze urbane più grandi d'Italia. Chiesa di S. Maria del Suffragio, popolarmente detta chiesa delle Anime Sante, è un edificio religioso dell'Aquila. Edificata a partire dal 1713 in suffragio delle vittime del terremoto del 1703, costituisce il simbolo della ricostruzione settecentesca della città e rappresenta la massima espressione dell'architettura religiosa aquilana nel XVIII secolo. È rimasta gravemente danneggiata dal terremoto del 2009 ed è stata sottoposta a lavori di restauro e consolidamento, venendo riaperta al pubblico nel 2018. Divide con la cattedrale dei Santi Giorgio e Massimo lo spazio di piazza del Duomo. Il Duomo, La cattedrale metropolitana dei Santi Massimo e Giorgio è il principale luogo di culto dell'Aquila, sede vescovile dell'omonima arcidiocesi metropolitana. Edificata nel XIII secolo, venne gravemente danneggiata dal terremoto del 1703 per essere successivamente restaurata nel XIX e nel XX secolo. Nel 1902 è stata inserita nell'elenco dei monumenti nazionali italiani poi ratificato con un Regio Decreto nel 1940. Basilica di S.Bernardino da Siena , è un edificio religioso dell'Aquila, situato nel quarto di Santa Maria. Venne costruita, con l'adiacente convento, fra il 1454 e il 1472 in onore di san Bernardino da Siena, le cui spoglie sono custodite all'interno del mausoleo del Santo realizzato a opera di Silvestro dell'Aquila. La facciata, eretta nel secolo successivo da Cola dell'Amatrice con influenze michelangiolesche, è considerata la massima espressione dell'architettura rinascimentale in Abruzzo. L'interno, in stile barocco, è dovuto alla ricostruzione dell'edificio in seguito al terremoto del 1703 a opera di più progettisti — tra i quali sicuramente Filippo Barigioni, Sebastiano Cipriani e Giovan Battista Contini — e conserva importanti opere d'arte di Andrea della Robbia, Francesco Bedeschini, Pompeo Cesura, Rinaldo Fiammingo e Donato Teodoro, oltre al già citato Silvestro dell'Aquila, autore anche del mausoleo di Maria Pereyra Camponeschi. Il soffitto in legno intagliato e ornato di oro zecchino è opera di Ferdinando Mosca. Fontana delle 99 Cannelle, (detta anche fontana della Rivera) è un monumento storico dell'Aquila. Situata nella zona della Rivera, una delle più antiche del centro storico, a ridosso del fiume Aterno, vicino alla chiesa di San Vito alla Rivera, costituisce quasi l'intero perimetro dell'omonima piazza quadrangolare posta adiacente alle Mura urbiche, ed è costituita da novantatré mascheroni in pietra e sei cannelle singole, dalla maggior parte dei quali sgorga l'acqua: secondo la tradizione, le cannelle rappresenterebbero i novantanove castelli del circondario che, nel XIII secolo, parteciparono alla fondazione dell'Aquila.
LUOGHI D'INTERESSE
















Basilica Collemaggio, Emiciclo sede del Consiglio Regionale Abruzzo,, Piazza Duomo con Chiesa di S.Maria del Sufraggio, Duomo , Basilica San
Bernardino da Siena , Fontana delle 99 Cannelle
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ANAGNI
Benvenuti ad Anagni.
Anagni, l'antica Anagnia capitale degli Ernici,[5] si erge su di una collina tra i monti Ernici e la Valle del Sacco. La leggenda la annovera tra le "città saturnie", le cinque città laziali fondate dal dio Saturno (Anagni, Alatri, Arpino, Atina e Ferentino, quest'ultima detta anche Antino). Sottomessa dai Romani nel 306 a.C., fu governata da un prefetto e divenne in seguito municipio. Il generale e console romano (69 d.C.) Fabio Valente nacque ad Anagni nel 35 a.C.,membro di una importante famiglia equestre della città; fu amico intimo dell'imperatore Nerone e comandante della legio I Germanica; durante l'"anno dei quattro imperatori" fu comandante delle truppe di Vitellio. Nel 1160, durante le lotte tra papa Alessandro III e Federico Barbarossa, ad Anagni venne pronunciata la scomunica contro l'imperatore e contro l'antipapa Vittore IV. Fu libero comune e nel XIII secolo cadde sotto la signoria dei Caetani. In questo periodo visse una fase di straordinario splendore, arrivando a contare circa 50.000 abitanti, dando alla Chiesa ben quattro papi e divenendo residenza pontificia, tanto da meritare l'appellativo di "Città dei Papi" (Innocenzo III, Alessandro IV, Gregorio IX e Bonifacio VIII). La città fu teatro delle lotte tra i Colonna, il re di Francia Filippo il Bello e papa Bonifacio VIII, che qui venne fatto prigioniero e subì il celebre episodio dello "schiaffo di Anagni". In seguito al ritorno dei papi a Roma la città subì un forte declino e tornò a contare a distanza di pochi anni circa 2700 abitanti; durante questo periodo fu retta da duchi nominati dalla chiesa. Nel 1798, prese parte ai movimenti giacobini che portarono alla Repubblica romana. La città fu capoluogo del dipartimento del Circeo della Repubblica Romana e pertanto dotata di un tribunale di censura. Dopo l'occupazione francese del Lazio e la nascita del dipartimento di Roma (1805), annesso all'impero napoleonico, Anagni ospitò un contingente di Carabinieri imperiali. Nel 1848-1849 la città fu sede del quartier generale della I divisione dell'esercito della seconda Repubblica romana. Negli anni sessanta del XX secolo si verificò un boom economico; con il passaggio dell'autostrada si ebbe l'apertura di numerosi stabilimenti. Con l'incremento del turismo sia ad Anagni che nella vicina città termale di Fiuggi la zona diventò la più ricca della provincia, con la domanda di lavoro che superava l'offerta e un boom edilizio e demografico senza precedenti. Tutta la zona sta vivendo in questi anni un momento difficile dovuto sia alla chiusura di alcuni grossi stabilimenti industriali sia alla crisi degli stabilimenti termali di Fiuggi.
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LUOGHI D'INTERESSE


e San Benedetto Abate








e Giurisprudenza


Stemma Communale, , Cripta Cattedrale S.Maria, Inteno della Cripta, , Campanile della Cattedrale S.Maria ,Cattedrale S. Maria, Ingresso Cattedrale S .
Maria. Porta Cerere , Casa Barnekow, Porta S. Maria, Foto Storiche Panorama Anagni

LATINA
Benvenuti a Latina
Latina è una delle più giovani città d'Italia, essendo una città di fondazione nata col nome di Littoria durante il ventennio fascista, a seguito della bonifica integrale dell'Agro Pontino, e inaugurata il 18 dicembre 1932. Il territorio comunale apparteneva precedentemente ai comuni di Cisterna, Sermoneta, Sezze e Nettuno e comprendeva zone paludose e macchia, piccoli nuclei abitati preesistenti e zone abitate solo stagionalmente a causa del territorio poco ospitale e della malaria. La città assunse nel 1944 la denominazione di Latinia e, successivamente, quella attuale di Latina il 7 giugno 1945 a seguito della pubblicazione del decreto luogotenenziale del 9 aprile 1945, n. 270. In questo modo il toponimo fascista veniva sostituito da un nuovo nome pertinente alla localizzazione geografica (nel Lazio) e storica (popoli e città latine) e aveva il vantaggio di consentire il mantenimento della sigla già esistente ed utilizzata della provincia.. Latina sorge nel cuore dell'Agro Pontino, in un territorio in larga parte pianeggiante. Il centro della città si trova a pochi chilometri (circa 7) dal mar Tirreno percorrendo via del Lido sino alla Marina di Latina, la zona mare della città, con il suo lungomare e le spiagge di Capoportiere, Foce Verde e Rio Martino, raggiungibili anche tramite una moderna pista ciclabile, e a circa 15/20 km ad ovest dai rilievi montuosi dei monti Lepini. Il suo territorio comunale, fra i più vasti del Lazio, comprende anche numerosi "borghi di fondazione", centri agricoli creati durante la bonifica delle paludi, spesso a partire da nuclei preesistenti, che anticamente lo ricoprivano (Borgo Sabotino, prima Passo Genovese; Borgo Isonzo; Borgo San Michele; Borgo Faiti; Borgo Grappa; Borgo Carso; Borgo Podgora, prima Sessano; Borgo Bainsizza; Borgo Santa Maria; Borgo Le Ferriere; Borgo Piave; Borgo Montello). Una parte del suo territorio include aree tutelate del Parco Nazionale del Circeo, dove si trova anche il lago di Fogliano, di cui costituisce l'estremo lembo settentrionale. Il nome di Littoria, che fu dato alla città nel 1932, trae origine dal fascio littorio (il fascio di bastoni di legno legati con strisce di cuoio intorno ad una scure), ovvero l’emblema del regime fascista, già simbolo di potere nell’antica Roma.
Nel 1944, quando le autorità del comune decisero di cambiare nome alla città per distaccarsi dal fascismo, il nuovo toponimo fu deciso assumendo quello antico del territorio che la circonda, ossia il Latium adiectum, origine del popolo dei latini: fu così che Littoria divenne Latinia. Poi, considerando che i toponimi fascisti delle città che erano state istituite terminavano quasi tutti in "-inia", si decise di ribattezzare la città, invece di Latinia, Latina. Per la scelta del nuovo nome si considerò anche che la sigla automobilistica della provincia (LT) rimanesse inalterata.
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Bonifica Pontina, Roccagorga, Foto Sermoneta, Giardini di Ninfa, foto panoramica Sermoneta, Foto Priverno, Foto Cori , Immagine del museo Piana
delle Orme, Foto Sezze, Foto Norma , Foto Città di Latina
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SUBIACO
Benvenuti a Subiaco
Subiaco ,Il territorio è vario con aree montuose ed aree in pianura. Viene attraversato dall'Aniene e interessa alcune vette dei Monti Simbruini (monte Calvo, 1.591 m e monte Livata, 1.429 m). Comprende un vasto bosco di faggi su un altopiano che si sviluppa su un'area di 3000 ettari compreso nel parco naturale regionale Monti Simbruini. Sono stati identificati resti della residenza dell'imperatore Nerone, attorno alla quale si sviluppò il centro, costituita da un complesso di edifici a diverso livello in posizione elevata sulla riva destra dell'Aniene, presso una serie di laghi artificiali; è stato messo in luce un cospicuo nucleo a due piani con grande nicchia absidata e vasti ambienti comunicanti. Un ponte-diga di notevoli dimensioni, che collegava le due sponde e serviva da sbarramento per le acque, detto pons marmoreus, è oggi interamente scomparso; restano solo tracce delle fondazioni. Nella villa, di appartenenza imperiale fino al III secolo d.C., sono stati rinvenuti una testa femminile dormiente e il ritratto di un efebo, ora entrambi a Roma (presso il Museo Nazionale Romano).
Le origini dell'attuale abbazia benedettina risalgono agli inizi del VI secolo, allorché san Benedetto da Norcia, dopo l'esperimento di vita eremitica condotto in un antro presso l'antica villa ivi costruita da Nerone, fondò nella zona del sublacense tredici monasteri per dare ospitalità ai suoi primi discepoli, provenienti in parte dalla nobiltà romana. In seguito (XII secolo) per iniziativa degli abati fu costruito il santuario-monastero del Sacro Speco, eretto sopra l'originaria memoria del Santo. Dei tredici monasteri fondati da san Benedetto è rimasto solo l'attuale monastero di Santa Scolastica inizialmente dedicato a San Silvestro, che vanta il titolo di Protocenobio della Congregazione Sublacense dell'Ordine benedettino. Gli altri andarono distrutti o furono abbandonati.
Nel IX secolo il monastero di Santa Scolastica subì due devastazioni da parte dei saraceni: l'una nell'828-829, l'altra probabilmente nell'876-877, anche se per questo periodo storico le ricostruzioni non sono univoche. Nel X secolo ricevette donazioni da diversi papi (Giovanni X, Leone VII, Giovanni XII, Benedetto VII, Gregorio V) che ingrandirono il territorio dell'abbazia. Panorama in una foto del 1880 Sempre con il favore pontificio, l'abbazia conobbe un periodo di grande splendore nei secoli XI e XII diventando feudo assai ambito per la sua potenza economica e politica. Fu probabilmente il primo luogo in Italia ad essere dotato di una pressa per la stampa di libri, fondata dai tedeschi Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz nel 1465, all'interno dell'abbazia.
Le continue lotte con le famiglie feudali portarono tuttavia alla sua decadenza. Eretta in commenda da papa Callisto III (1456), fu affidata al cardinale Giovanni Torquemada (Juan de Torquemada), zio del famoso inquisitore. Nel 1467 passò poi a Rodrigo Borgia, futuro papa Alessandro VI e, successivamente, ai Colonna (1492), ai Borghese (1608) e ai Barberini (1633). Nel 1753, papa Benedetto XIV privò gli abati commendatari della giurisdizione temporale, lasciando però quella ecclesiastica e spirituale. Soppressa dai francesi (all'inizio del XIX secolo), restaurata poco dopo da papa Pio VII, l'abbazia fu reintegrata nei suoi privilegi di abbazia nullius da papa Benedetto XV (1915). Francesco Bulgarini, nel 1848 parla di contadini montagnoli «ciociari» in riferimento a dei mezzadri provenienti stagionalmente, dal circondario di Subiaco, a Tivoli, per coltivare granturco[5]. Nel 1867 Subiaco fu testimone della Campagna dell'Agro romano per la liberazione di Roma voluta da Giuseppe Garibaldi. Nel mese di ottobre vi furono trucidati in uno scontro con i pontifici il capitano garibaldino milanese Emilio Blenio ed alcuni suoi compagni[6]. I resti dei garibaldini furono traslati a cura della Società Reduci Patrie Battaglie da Subiaco nell'Ara-Ossario di Mentana come risulta da documenti conservati in archivio. Da Subiaco inoltre proveniva anche uno dei Mille, Luigi Pistoia, al quale è intitolata una piazzetta (Piazzetta Luigi Pistoia).
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Panorama Subiaco, Foto Monte Livata, Parco dei Monti Simbruini, Fiume Aniene, Foto Marano Equo, Footo Jenne,, Foto Santuari Francescani,
Foto Agosta, Foto Foto Arsoli, Foto Cervara di Roma